CRITICA DI SIMONE FAPPANNI

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LA “PREZIOSITÀ” DEL COLORE

NELLE OPERE DI EMANUELA TERRAGNOLI

Gli emozionanti “capitoli pittorici” in cui si divide la produzione creativa di Emanuela Terragnoli hanno un denominatore comune: la preziosità del colore, intesa come costante e inesauribile ricerca di equilibrio cromatico e di forza meta-rappresentativa resa attraverso un sempre meticoloso uso delle tinte.

 Un ideale punto di partenza per accostare l’universo creativo di questa raffinata pittrice veneta è senza dubbio la natura, che viene avvicinata con estrema dolcezza e trasposta in quadri nei quali l’artista sembra voler fermare nella tela o sulla delicata carta d’acquerello l’emozione che prova dipingendo al cospetto di scenari che nel loro incanto bucolico esalano un fascino senza tempo nel quale perdersi ad libitum.

Le grandi distese fiorite, così come i filari o i campi battuti dal sole estivo e mossi da un vento leggero, danno la misura dell’estro di Emanuela che sa cogliere nell’insieme quella vita vegetale che pulsa in ogni paesaggio. 

Lo si osserva molto bene anche nei quadri dove ad essere protagonisti sono i fiori che sembrano “liberi” di manifestare tutto il loro splendore ai nostri occhi, tutta la loro meravigliosa bellezza senza censure o preconcetti.

Identica impressione si ha guardando le non rare marine e gli scenari lacustri, specialmente quelli del Lago di Garda, dove lo sciabordare delle onde arriva fino alla battigia, ideale punto di osservazione ma anche, ne siamo certi, postazione privilegiata da cui l’artista prende spunto per ideare ed eseguire i suoi lavori. Vi si osservano con una certa frequenza le barche, spesso alla fonda: in quel loro cullarsi piacevolmente grazie al movimento delle acque, Emanuela ci restituisce quella serenità che si avverte contemplando il mare calmo.

Una notazione particolare a proposito dei paesaggi di pianura, collinari e montani, va fatta a proposito della ricorrente presenza del cavallo, elemento che conferisce all’insieme un’attrazione davvero singolare, data dalla maestosità di questo meraviglioso animale che la pittrice veronese tratteggia con grande trasporto affettivo.

Un’identica attenzione alla scelta pigmentale si nota anche nelle figure, a iniziare dai ritratti. Questi ultimi denotano un’attenzione e uno studio del soggetto che viene raffigurato nei suoi tratti più caratteristici, badando sempre a quella corrispondenza fra ciò che è rappresentato e la rappresentazione in quanto tale, realizzando così opere nelle quali nulla è assolutamente scontato, ma tutto si riferisce solo e soltanto a una specifica persona.

Vale davvero la pena sottolineare che, oltre a portraits di personaggi celebri, come ad esempio la pittrice Frida Kahlo, il fisico Albert Einstein e la poetessa Alda Merini, Emanuela Terragnoli ama  allo stesso modo ritrarre persone comuni, sempre alla costante  ricerca di quel particolare connotativo  che è  un segno distintivo della sua pittura.

Ne sono eloquenti esempi le maternità e i quadri in cui vengono espressi sentimenti di solidarietà (Ti accompagno io), condivisione (Confronti di Santa Ragione) e, citando volutamente il titolo di una tela di Terragnoli, soprattutto amore.

Sentimenti, è giusto evidenziarlo, che si ritrovano pienamente nei soggetti a tema sacro, dove le pagine evangeliche vengono rese secondo una sorta di “racconto per immagini” che va ben oltre la mera illustrazione, ponendosi invece su un inappuntabile piano riflessivo di taglio teologicamente ermeneutico. 

nfine sarebbe ingiusto omettere almeno un riferimento ai quadri d’occasione che Emanuela Terragnoli dipinge con una certa frequenza con esiti sorprendenti.

Mai più! è, ad esempio, un pezzo dedicato alla tragedia immane della Shoah: l’inaudita violenza di una pagina di storia che non va dimenticata viene resa attraverso neri e grigi che rivelano figure di uomini deportati trasformati in una sorta di “larve”.

Non meno riusciti sono anche quei quadri che acclamano la solidarietà e la fratellanza (Nuovi arrivi e Un’altra notte), quelli che si soffermano su drammi che spesso toccano persino i bambini (Filo spinato), le guerre (a cominciare dal dittico Liberaci dal male, fino a Senza amore, senza pace, Rosso trincea, Effetto guerra e Percorsi di gloria), senza dimenticare quelli che variamente afferiscono al mondo delle note (Nicola in jazz) e della danza (Ritmi di vita e Passioni). 

Questa varietà di soggetti è prova di quanto la fantasia e l’ispirazione dell’artista veneta siano cristallini e quanto il suo stile sia immediatamente riconoscibile e per questo davvero unico.

Dott. Simone Fappanni, critico e storico d’arte

Cremona, 13 giugno 2019

 

CRITICA DI MICHELE CRISCUOLI

 

 

Emanuela Terragnoli: pittrice.

 

Artista che ricerca costantemente l’equilibrio e organizza in modo metodico le proprie sensazioni, attutendo i contrasti per raggiungere una calma e tranquilla armonia.

La pittura diventa così un lenitivo, un calmante cerebrale, una liberazione dal dolore e dagli affanni quotidiani. Ci dà la sensazione di una serena e gaia tranquillità ed è in effetti la conseguenza di una lucida coscienza, che sorveglia continuamente l’istinto ed è sempre pronta a mettere ordine nel tumulto delle sensazioni. E qui scende in campo la bellezza suggestiva di Verona, sua musa ispiratrice, a cui Emanuela è orgogliosa di appartenere. Ad una città unica, tra le più belle del mondo.

Prof. Michele Criscuoli – archeologo e critico d’arte

Foggia, 11 marzo 2017

 

 

CRITICA DI SARA RASSECH

Dalla pittura di Emanuela Terragnoli si evince molto della sua personalità poiché, essendo una vera artista, non si limita a ritrarre, a riprodurre, ciò che colpisce la sua attenzione, ma amalgama il proprio vissuto emozionale a ciò che crea, poiché l’arte è intrisa di vita.

In ogni sua opera a carattere religioso, paesaggistico o figurativo, si scorge il suo animo nobile e soave, ma anche un forte temperamento, trasmesso mediante un contrastante accostamento cromatico.

I suoi dipinti non sono solo semplici e statiche raffigurazioni di paesaggi naturalistici, ma sono immagini cariche di una forza espressiva tangibile, accostata ad un armonioso lirismo che pervade lo spettatore.

L’artista chiama la sua pittura “Impressioni colorate”, poiché traduce su tela ciò che la sua sensibilità cattura dalla realtà circostante, restituendo allo spettatore l’immediatezza della propria impressione, grazie all’utilizzo dell’olio a spatola.

Senza voler relegare la sua pittura ad un’etichetta specifica, nel tratto rievoca forse un po’ lo stile impressionista, ma Emanuela Terragnoli trasmette più pathos, rispetto ai lirici e delicati artisti  “en plein air”. La luminosità è resa dagli intensi cromatismi; l’artista rinuncia al chiaroscuro tradizionale, in virtù di ombre coloristiche rese dalla pittura rapida e sciolta.

Dalle sue opere traspare soavità, armonia e leggerezza, ma la solidità materica dell’olio steso a spatola trascende la bidimensionalità della tela.

Nei dipinti “Verona è” e “Soprattutto amore” l’accostamento dei colori primari blu e rosso hanno un forte impatto visivo, nonché emotivo, in chi li osserva. In queste due opere sono raffigurati due innamorati che si dondolano su un’altalena sospesa nel cielo, sopra l’anfiteatro scaligero, la donna è vestita di rosso, colore che simboleggia archetipicamente la passione e l’energia emotiva, mentre l’uomo è vestito con una camicia blu, colore che rimanda alla stabilità e alla solidità maschile. Il bicromatismo racchiude in sé i due poli opposti, le due forze generatrici, il maschile e il femminile, lo yin e lo yang.

 Dott.ssa Sara Rassech

Verona, 20 dicembre 2013

 

CRITICA DI VERA MENEGUZZO

Sono una celebrazione della natura i paesaggi di Emanuela Terragnoli che, con l'immediatezza dell'olio a spatola, cattura tutta la freschezza dei colori e di una luce che sembra ormai dimenticata.

Esperta nella prospettiva, l'artista ritrae il degradare dei prati, dei boschi, delle colline, delle montagne come se il suo sguardo volesse abbracciare amorevolmente tutto l'insieme per poi regalarlo allo spettatore per fargli ritrovare un dialogo con la bellezza.

Personalissime le tonalità coloristiche. Il viola spirituale degli iris, in primo piano, nel dipinto "Estate in Lessinia". Il grigio delle foglie che sembrano tintinnare come sonagli d'argento in "Ulivi", e degli alberi con tronchi e rami aperti, simili a un ventaglio, che si stagliano contro un cielo di seta azzurra. Il rosso fluorescente e il giallo prezioso delle vigne autunnali. Il verde crisoprasio dell'acqua. E la malachite dei cipressi.

Interpretando il tema dei fiori, l'artista ne fa sentire la consistenza dei petali, il profumo e il messaggio che solo essi sanno portare. Nella produzione non mancano le figure, per esempio i cavalli. Animali visti di profilo e posteriormente, forti in tutta la plasticità dei loro muscoli.

Alcune opere sono dedicate a Verona e agli innamorati. Un lui e una lei si dondolano abbracciati su un'altalena appesa al cielo, mentre la città si tinge di inediti colori quasi volesse essere nuova e speciale, tutta per loro.

Dott.ssa Vera Meneguzzo

Verona,  18 Aprile 2013

CRITICA DI ROMEO ARACRI

Emanuela Terragnoli nasce e vive in Verona. La sua pittura, rielaborata e vissuta nella sua interezza si nutre delle tradizioni culturali antiche, di storia, di arte, di leggende, di straordinari eventi di impronta religiosa che hanno avuto origine in terra veneta. La sua è una pittura solare, a tratti sfuggente, che lascia segni nell’anima per il contenuto dei suoi messaggi.

I colori sono lo strumento comunicativo. Essi si adagiano sulla tela come carezze leggere dalle tonalità diffuse, morbide, impregnate di un sentimento puro che a volte sfocia nel misticismo. Pittura elaborata nella sua coscienza lentamente, analizzata, stemperata e maturata attraverso un percorso che ne valorizza i talenti, nella oggettivazione del ricordo delle storie senza fine, delle fiabe narrate con incredibile innocenza.

Pittura a volte di sensazioni momentanee che fanno vibrare l’anima per il tempo passato o per il sogno mai realizzato, ma sempre pittura del sentimento, dell’emozione fermata sulla tela come nella pagina di un diario personale, intimo, eppure aperto, in cui riconoscere le nostre e le sue passioni. I colori vivono una vita propria e scorrendo le sue opere come in un racconto si coglie l’evoluzione artistica che passa da elaborazioni complesse a quelle più libere, più mature, più sentite. Ma tutte hanno il sapore delle cose belle, la fragranza di profumi ancestrali e l’impronta di una forte sensibilità emotiva che fa della tela un sentiero lungo cui sciogliere le corde della sua anima.

Il passato, il presente sono i motivi dominanti della sua narrazione, alla ricerca della realtà, filtrata attraverso gli occhi della sua emotività che trasformano il quotidiano in una sorta di fiaba raccontata con un linguaggio di forme, figure e segni facilmente riconoscibili.

Il suo è un talento artistico spontaneo, non costruito, che non segue correnti e tendenze ma soltanto la sua intuizione e la sua passione artistica e che diventa perciò pittura comunicativa e dialogante.

La sua espressione pittorica si concretizza in una composizione sentimentale a volte nostalgica ma sempre carica di energia positiva, dell’ottimismo che trasforma le disavventure in viatico per il raggiungimento di un obiettivo.

Emanuela Terragnoli coglie la realtà che a noi sfugge e la ferma in quadri dai paesaggi bellissimi, carichi di colori caldi, esplosivi, dalle tonalità raffinate che non si arrendono all’usura del tempo. Ritrae angoli, spazi, campagne come lei vorrebbe che fossero e non deturpati dalla violenza dei tempi e ce li rende nella loro dolcezza naturale quale inno alla bellezza del creato, quale monito per la sua conservazione. Per questo le sue tele hanno un forte impatto emotivo: parlano, denunciano e coinvolgono il fruitore in una riflessione attenta e matura. Perchè l’arte in fondo è la ricerca del sogno ed essa stessa è sognatrice e i suoi soggetti hanno lo spazio e il tempo del sogno o della favola a cui ricorrere per lenire gli affanni della vita. Per questo le sue opere che sanno di muschio, di foglie, sono il modo con cui l’artista ripensa il quotidiano e allora uno scorcio di campagna, il filare di un vigneto diventano sospiri dell’anima e preghiera, in una serenità palpabile, che ci fa godere la bellezza della natura, filtrata dalla sua sensibilità, in un insieme in cui il mistico, la tradizione e il sacro si fondono in musicale armonia.

I suoi paesaggi sembrano fermati nel tempo in una atmosfera romantica che fa riprendere fiato nel ritmo della vita moderna per ricuperare la forza di andare avanti. Paesaggi che si aprono in una luce intensa e squarciano orizzonti tracciati con delicatezza e incanto; oppure fermano scene come sospese nel tempo dove l’osservatore si perde affascinato. In fondo sono i paesaggi della sua memoria che ci riconciliano con la natura, paesaggi dove i colori sono distesi con leggerezza e materia e dove la spatola si agita in un susseguirsi di pigmenti apparentemente liberi di occupare la tela ma che in realtà seguono i suoi pensieri per concretizzarsi in un dipinto elegante e sentimentale. A volte l’orizzonte è chiuso da nubi leggere che rompono la scenografia, amplificano la prospettiva e scandiscono particolari accattivanti e danno al fruitore una sensazione di malinconia leggera mista a serenità. Limpidezza, luce, brillantezza si susseguono e intrigano lo sguardo che si disperde nella composizione esaltando la sua pittura sentita, quasi sofferta, che alla fine  libera l'anima nell'aria dell'emozione.  

Concettualmente una pittura intensa, con una soavità di fondo che fa intravedere più il senso che la struttura, più il messaggio che la tonalità, quel messaggio che va oltre la composizione e insegue la sua storia, le sue ansie e i suoi sogni, in una misteriosa atmosfera romantica in cui scioglie le sue passioni, le sue emozioni vere, la sua profonda spiritualità. Ma questo è il mistero dell’arte che apre interrogativi e ci affascina oltre la tela in una riflessione che ci libera in un volo scevro da pregiudizi e falsi idoli.

Dott. Romeo Aracri

Vibo Valentia, 25 Ottobre 2012

                                        

 

 

 

CRITICA DI ALESSIO BRUGNOLI

Nell’antica Grecia, la visione dell’estetica era molto diversa da quella di noi moderni: il bello non era un valore in sé, ma esisteva in rapporto all’etica.

Kalòs kai agathò, ciò che è bello è anche buono, implicava come il bello fosse la rivelazione dell’Essere, lo strumento tramite cui questo permetteva all’Uomo di cogliere la sua vera natura.

L’esperienza estetica ha quindi il valore di epifania, di rivelazione: il bello, rivelando la struttura della realtà, ne rivela anche la bontà, cioè il bene, poiché per loro “essere” e “bene” coincidevano.

Tutte queste riflessioni raggiungono il culmine in Plotino: se la Bellezza è l’essere vero delle cose, al quale ognuno tende come all’intimo senso della sua vita, allora l’Arte svela il fondamento infondato dell’essere, la libertà, ed è questa libertà dell’essere che gli uomini scoprono quando fanno esperienza del bello.

L’Artista demiurgo, trasforma la materia, intrinsecamente brutta, perché informe, pura potenza, in forma razionale. Ma cos’è la bellezza?

Per Plotino questa si articola in diversi gradi: vi è quella semplice, basata sul colore, perché consiste nella vittoria della luce sulle tenebre.

Vi è poi l’intuizione: libera dalla materia, l’anima tende alla bellezza suprema, che è anche il bene supremo, Dio, con processo mistico della contemplazione, che si oppone al ragionamento, in cui soggetto ed oggetto si identificano.

Tutto ciò esiste nella pittura di Emanuela Terragnoli: nei suoi lavori con la spatola, dedicati alla complessità della vita nelle sue infinite forme ed al dialogo dell’Uomo con la Natura, vi è il trascendere della materia nella luce.

Il colore si libera dal peso dell’esistere ed acquisisce leggerezza: la veduta non è più esterna, ma interna. L’occhio non vede il sole se prima non ha preso la forma. L’anima non vede la bellezza, se non è divenuta essa stessa bella. E il processo mistico termina nella visione che tutto unisce e semplifica, in un’armonia ed equilibrio capaci di trascendere il tempo.

 Dott. Alessio Brugnoli

Roma, 1 Dicembre 2011